domenica 30 dicembre 2012

Sabbia


Sabbia

sabbia... che scorre tra le dita come nella clessidra del tempo tra le mani ancora velate di mistero. Paragonati a un granello di sabbia la nostra vita il nostro senso non è il precipitare per moto condizionato verso il passato, il tempo scaduto, bensì è un inarcarsi verso il domani, disconoscendo i propri limiti contrastando con gioia e caparbietà la caduta, scoprendo in sé forze, la magnificenza di essere “altro” aldilà del granello che ci paragona alla massa. La massa stessa e l'insieme diviene viva se diventa coscienza. Tu ne allenti o velocizzi lo scorrere dell' esistenza con pensieri che prendono vita, senza peso si liberano e vanno lontano oltre te e il tuo senso e potrebbero ritornati indietro trasformati dal loro inizio, forse liberati dai nodi che da funambolo incontri e bloccano il passo dell'andare oltre. Non c'è fine né inizio è uno scorrere infinito in cui scendi dalla clessidra e ci risali per l'ennesimo viaggio di “filtraggio” dalle tue asperità. Granelli, mondi a sé nel circuito dell'universo, trama che si congiunge, ma non avvertiamo la compattezza, l'impatto dei corpi del tutto e l'uno come una cosa sola, stiamo lì senza respirare, senza espanderci, ci lasciamo trasportare per moto meccanico inconsapevoli di essere le dita, la mano stessa che trattiene o libera, noi granelli di sabbia assemblati, apparentemente uguali gli uni agli altri siamo unicità nella moltitudine, soli nella moltitudine, come mondi dimenticati racchiusi nel pugno dell'infinito, sabbia, e non più sabbia, granello infinitesimale di vita, di speranza, di sogni dimenticati; talvolta andiamo alla deriva una volta scesi con impeto temendo l'impatto e l'apertura e il riemergere con dolce prepotenza verso ciò che è, verso “ciò che voglio essere” e verso “ciò che decido chi io sia” , una parte o il tutto nell'insieme. Ancora ogni granello deve avere la sua forma per combaciare, il suo sbecco , la sua rottura che è apertura verso le guide della conoscenza per non andare dimenticati oltre i confini del nulla senza sembianze. Siamo parte del deserto che assemblato si è fatto montagna nella moltitudine, siamo la voce che si è fatta canto, grido e richiamo vibrando in un unica onda che ci distingue finalmente, siamo acqua, singole gocce, ognuna ancora nella sua unicità scorriamo come ruscelli tra le rocce delle emozioni sino a giungere al mare ...essere il mare stesso, e donarsi nella beatitudine del gesto. Eppure il ritorno alla fonte giunge così nascosto allo sguardo che se potessi imprigionare gli attimi dell'attesa ed esserne più consapevole deciderei dove e quando rinascere a nuova forma cangiante di colori nuovi e di vesti che non mi comprimono ma incarnano ciò che sono di più grande, e dolce è il ritorno magicamente fuori da ogni contesto e prigione. Ancora forma potrei essere ma così illimitata da scorrere negli universi ritenuti impossibili, così dolce e fluibile da sciogliermi nella luce ed essere luce stessa da non potermi contenere. Nel tuo abbraccio, nell'abbraccio del mondo, cerco mete, mappe che ho tracciato senza ricordare e ti ritrovo uguale al mio essere che si rinnova. Spirito dalle bianche ali dai capelli di luna portami nel tuo viaggio che è il mio perché non riesco a spiccare il volo a dispiegarmi a lasciarmi andare a divenire aquila che sovrasta il tutto.. Io non sono solo moltitudine sono anche unicità. Io sono brandelli di vite di incontri sono roccia vulcanica che diviene, sono scintilla di fuoco che si erge oltre le pire, sono gabbiano, prendimi, dirigimi la rotta perché anelo alle alte vette dove voglio scorrere in tutta la mia linfa darle vita finalmente toglierla dal suo involucro ristretto di apparenze soffocanti e vederla scintillare. Indirizzami nella rotta che credo di aver perduto e che cerco, le assonanze del mio stesso suono ti giungano perché tu comprenda che il filo della speranza non si è spezzato in me nei miei anfratti di prigionie dalle cui sbarre ti chiamo protendendo le braccia. Sento il mio stesso riecheggiare di passi lontani, ne rivedo le impronte tracciare solchi sulla terra al peso dei miei bagagli e potrei voltarmi per rivedermi coperto di stracci ma sereno e libero, viandante, eremita sulle strade della notte . L'altra notte ho compiuto il mio viaggio e ho dormito libero sotto le stelle, ce ne erano a migliaia al disopra dei miei occhi e le ho potute guardare per la prima volta con stupenda meraviglia...
libero da qualsiasi presenza che mi condizionasse, io e le stelle, azzardando la mia unicità con loro... il vento che muoveva le fronde di alberi antichi....e ne udivo la voce nei profumi lontani della notte. Adagiato sulla nuda terra guardavo estasiato l'immensità un po' anche impaurito ma mi sentivo così libero e vicino ad essa, frammento stellare, non più ossa e carne...ma respiro e ali, occhi capaci, e divenivo nella mia vera forma come da spettatore con un grido d'aquila liberata dal giogo, dalle mani di chi trattiene la clessidra e crea opposte menti, e strappando la benda dagli occhi decidevo di non precipitare come sabbia, come granello nella moltitudine, inarcando tutto me stesso mi dispiegavo prendendo il volo, udendo vibrare in me il mio stesso grido come suonassi uno strumento nuovo e sconosciuto, che tra le cose creava un eco che si propagava come cerchi sull'acqua quando giunge la forza del sasso e penetra il nucleo destandolo in mille suoni.

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