Sabbia
sabbia...
che scorre tra le dita come nella clessidra del tempo tra le mani
ancora velate di mistero. Paragonati a un granello di sabbia la
nostra vita il nostro senso non è il precipitare per moto
condizionato verso il passato, il tempo scaduto, bensì è un
inarcarsi verso il domani, disconoscendo i propri limiti contrastando
con gioia e caparbietà la caduta, scoprendo in sé forze, la
magnificenza di essere “altro” aldilà del granello che ci
paragona alla massa. La massa stessa e l'insieme diviene viva se
diventa coscienza. Tu ne allenti o velocizzi lo scorrere dell'
esistenza con pensieri che prendono vita, senza peso si liberano e
vanno lontano oltre te e il tuo senso e potrebbero ritornati indietro
trasformati dal loro inizio, forse liberati dai nodi che da funambolo
incontri e bloccano il passo dell'andare oltre. Non c'è fine né
inizio è uno scorrere infinito in cui scendi dalla clessidra e ci
risali per l'ennesimo viaggio di “filtraggio” dalle tue asperità.
Granelli, mondi a sé nel circuito dell'universo, trama che si
congiunge, ma non avvertiamo la compattezza, l'impatto dei corpi del
tutto e l'uno come una cosa sola, stiamo lì senza respirare, senza
espanderci, ci lasciamo trasportare per moto meccanico inconsapevoli
di essere le dita, la mano stessa che trattiene o libera, noi
granelli di sabbia assemblati, apparentemente uguali gli uni agli
altri siamo unicità nella moltitudine, soli nella moltitudine, come
mondi dimenticati racchiusi nel pugno dell'infinito, sabbia, e non
più sabbia, granello infinitesimale di vita, di speranza, di sogni
dimenticati; talvolta andiamo alla deriva una volta scesi con impeto
temendo l'impatto e l'apertura e il riemergere con dolce prepotenza
verso ciò che è, verso “ciò che voglio essere” e verso “ciò
che decido chi io sia” , una parte o il tutto nell'insieme. Ancora
ogni granello deve avere la sua forma per combaciare, il suo sbecco ,
la sua rottura che è apertura verso le guide della conoscenza per
non andare dimenticati oltre i confini del nulla senza sembianze. Siamo parte del deserto che assemblato si è fatto montagna nella
moltitudine, siamo la voce che si è fatta canto, grido e richiamo
vibrando in un unica onda che ci distingue finalmente, siamo acqua,
singole gocce, ognuna ancora nella sua unicità scorriamo come
ruscelli tra le rocce delle emozioni sino a giungere al mare
...essere il mare stesso, e donarsi nella beatitudine del gesto.
Eppure il ritorno alla fonte giunge così nascosto allo sguardo che
se potessi imprigionare gli attimi dell'attesa ed esserne più
consapevole deciderei dove e quando rinascere a nuova forma cangiante
di colori nuovi e di vesti che non mi comprimono ma incarnano ciò
che sono di più grande, e dolce è il ritorno magicamente fuori da
ogni contesto e prigione. Ancora forma potrei essere ma così
illimitata da scorrere negli universi ritenuti impossibili, così
dolce e fluibile da sciogliermi nella luce ed essere luce stessa da
non potermi contenere. Nel tuo abbraccio, nell'abbraccio del mondo,
cerco mete, mappe che ho tracciato senza ricordare e ti ritrovo
uguale al mio essere che si rinnova. Spirito dalle bianche ali dai
capelli di luna portami nel tuo viaggio che è il mio perché non
riesco a spiccare il volo a dispiegarmi a lasciarmi andare a divenire
aquila che sovrasta il tutto.. Io non sono solo moltitudine sono
anche unicità. Io sono brandelli di vite di incontri sono roccia
vulcanica che diviene, sono scintilla di fuoco che si erge oltre le
pire, sono gabbiano, prendimi, dirigimi la rotta perché anelo alle
alte vette dove voglio scorrere in tutta la mia linfa darle vita
finalmente toglierla dal suo involucro ristretto di apparenze
soffocanti e vederla scintillare. Indirizzami nella rotta che credo
di aver perduto e che cerco, le assonanze del mio stesso suono ti
giungano perché tu comprenda che il filo della speranza non si è
spezzato in me nei miei anfratti di prigionie dalle cui sbarre ti
chiamo protendendo le braccia. Sento il mio stesso riecheggiare di
passi lontani, ne rivedo le impronte tracciare solchi sulla terra al
peso dei miei bagagli e potrei voltarmi per rivedermi coperto di
stracci ma sereno e libero, viandante, eremita sulle strade della
notte . L'altra notte ho compiuto il mio viaggio e ho dormito libero
sotto le stelle, ce ne erano a migliaia al disopra dei miei occhi e le
ho potute guardare per la prima volta con stupenda meraviglia...
libero da qualsiasi presenza che mi condizionasse,
io e le stelle, azzardando la mia unicità con loro... il vento che
muoveva le fronde di alberi antichi....e ne udivo la voce nei profumi
lontani della notte. Adagiato sulla nuda terra guardavo estasiato
l'immensità un po' anche impaurito ma mi sentivo così libero e
vicino ad essa, frammento stellare, non più ossa e carne...ma
respiro e ali, occhi capaci, e divenivo nella mia vera forma come da
spettatore con un grido d'aquila liberata dal giogo, dalle mani di
chi trattiene la clessidra e crea opposte menti, e strappando la
benda dagli occhi decidevo di non precipitare come sabbia, come
granello nella moltitudine, inarcando tutto me stesso mi dispiegavo
prendendo il volo, udendo vibrare in me il mio stesso grido come
suonassi uno strumento nuovo e sconosciuto, che tra le cose creava
un eco che si propagava come cerchi sull'acqua quando giunge la forza
del sasso e penetra il nucleo destandolo in mille suoni.