domenica 12 giugno 2011

Senza voce è l'uomo di oggi

Senza voce è l'uomo di oggi evirato nel pensiero consolidato sistema dei potenti e di pochi per accasermare le folle nell'accecamento totalitario come consuetudine onde contenere la farsa e non più dubbie ma oramai acclarate direttive indotte nella disciplina degli ostaggi indirizzata è l'azione ossequioso suo malgrado il burattino si presta al regime al predominio all'ammaestramento i predoni hanno occupato i quattro angoli e e non c'è innocenza né innocuità nell'azione a procedere sarebbe opportuno dare diverso orientamento e indirizzare mettendo a nudo l'appartenenza insediarsi potrebbe nello strappo quando avviene per liberarsi dal giogo l'interruttore avanza sulla bilancia tronfio di vittoria incantatore di oblii incaricato ad incentivare la scelta ed introdurre la rispondenza nelle piegature della svolta c'è il nascosto luce e ombra che si occulta custodia di voi stessi prima del danno le errate stagioni del mondo son da sottrarre alla somma da eliminare alla sua spaccatura nella resa pura formalità per crescere che il nuovo retaggio sia per le moltitudini libero non più a imitazione degli scritti non è guadagno di pochi il ricavato del frutto non più oppressione né plagio né più barricate di opposizione alla mente si avanza con pensiero certo una volta risvegliati con pensiero certo e decifrabile in contrapposizione a ciò che sino ad ieri è stato e creduto giunge il grido dei poveri lungo le rive dove il mare brulica di anime deportate dal limbo dorate le spiagge senza le conchiglie dei silenzi dove il suono si è fatto cupo come un pianto ha raccolto le lacrime del mondo il messaggero che viene a portarvi nuove ere gli oceani ammutoliscono gli scogli arretrano sino a riportare la battigia di pietre e l'antica fessura dove l'uomo là nacque dal grembo dell'acqua ricordate uomini il passaggio tra le rocce dei mondi e il vostro percorso che vi rese simili ora separati e mutilati nell'ombra dei giorni nel fluire degli eventi ricercate la sabbia del deserto dove costruiste fiduciosi le vostre dimore nel tempo che non ha giorni nel passato ma giorni futuri dove vi recate talvolta e poi dimenticate senza riuscire ad afferrarne il pulsare il suono dell'universo è un canto un battito d'ali sì potente e sì tale da avvolgere il tutto nella luce o nell'ombra schiere di angeli sul suono delle arpe del gran giorno ritorneranno per riportare la memoria del concetto del centro del dado tratto dall'esilio dei corpi che pesanti si son fatti trascinando pesi di catene di secoli intrecciate ai pensieri umani e alle vostre trappole al fango che vi sommerge le caviglie e vi blocca il passo silenzioso sciabordio di oceani che salgono e ribollono che non è questa la fine dell'uomo svestitevi degli abiti unti plasmati e intrisi di quotidiano che più non serve tutta la vostra orgia che a nulla vi ha portato il benessere se non ad allontanarvi come individui calzate la monotonia come un imposizione uguale galera se non liberate il cerchio e l'energia precursore dei tempi che donato vi fu nella notte della prima quiete prima che vi lasciassi andare i vostri totem dei quali vi forgiaste per ragione drenarono il falso nella sua doppia equivalenza di dubbio verso le genti tali da insinuare e scaturirne la bocca di fuoco nelle vostre dimore trappole ragnatele dove il ragno vi si aggira da padrone e tesse ancora il dubbio immutato nelle vesti non è vostro il luogo troppo spento senza luce non è vostra l'arsura che brama le cose terrene vacilla la vostra mente ai rimpatri di memoria ai penso e dunque sono sono soltanto un muro dinanzi ad una porta conoscere il luogo è fortezza che fa dimensione è virtù e dono che congiunge e promuove non più convenzionale nella scelta delle fasi della luce per ricondurre anche se ancora indistinguibile e astratta oscurità ancora offesi di nebbia giungete soli alla porta della vostra ragione difficile librarsi e staccare dal concetto umano quanta fatica nella negazione richiamate il suono della vostra lingua e la sua ripercussione energia propulsa sapore sconosciuto inebriante gola fende lo spazio dei tempi del non tempo dove non si contano i giorni ma si vivono non scorrono nelle vostre clessidre né nei vostri calendari di stagioni del prima e del poi fuorvianti il credo dei popoli che vi rese schiavi di idolatrie d'altri ancora e ancora padroni e voi non di voi stessi era futura credete sta dentro di voi il fulcro dove batte ora con fragore il martello per scaturirne e plasmarne la forma iniziale poiché oggi abbruttiti vostro malgrado dalle vostre vesti e direttive sbagliate macchine automi rumore troppo rumore eppure quando io giungo vi faccio presente la precarietà di questi vostri giorni allontanate l'inquisizione e la voce l'incudine e il colpo che vi forgia a forma nuova nel suo centro e non senza dolore come il riccio che chiuso trattiene il frutto e sgorga solo il giorno della sua apertura come la talpa che uscendo dalla sua tana con occhi ciechi si aggira timorosa verso la luce gioventù infeconda bandiere di rivolta domate è l'urlo dai potenti regna la follia nell'occupazione di uno spazio impalcature precarie vacui pensieri vi ospitano filtrano il potere di cui si rivestono in pochi su poltrone dorate e voi sempre più addomesticati formicaio branco gregge sciame turbinio occupa questo spazio offuscando il velo che vi fa coltre e polvere meglio per voi è novità estrema e inosabile aggrapparsi alle nuvole a questi spazi di meraviglia saper sprigionare l'essenza il vuoto e il silenzio fuori oltre i muri dell'ipocrisia del ghetto fuori dalle cose conosciute saturi del tutto partite dalla vostra mente che si libera dai confini questo cercate quando vi liberate dagli strati del vostro essere che sia in voi il furore per ciò che siete per le cose giuste e feconde il pensiero prospero in voi si insinui e trovi breccia sicura persino nel dubbio entrate in contrapposizione a ciò che sino a ieri è stato le fasi avverranno e come una folgore non ancora avvertita da occhio umano la rivelazione squarcerà il formicaio non siete umani sebbene lo crediate né ha scadenze lo spirito né l'energia che è in voi nella vostra centralità e dualità che sa guardare se cerca la fessura oltre il muro della densità umana e dell'iniquo e ritrova la sua fluidità il suo equilibrio che è spazio è coscienza è tutto.

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